Salute

Ipotiroidismo: una patologia al femminile

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Scritto da Fiammetta Trallo
Sempre più donne risultano affette da ipotiroidismo, una patologia al femminile con un’incidenza maggiore in gravidanza e in menopausa, periodi della vita in cui aumenta il fabbisogno degli ormoni tiroidei.

Il più frequente ipotiroidismo è causato dalla tiroidite di Hashimoto, una malattia autoimmune in cui il sistema immunitario attacca i tessuti tiroidei tramite la produzione di auto-anticorpi.

Spesso asintomatico, l’ipotiroidismo è considerato una malattia insospettabile poichè resta latente per molto tempo e può esordire in modo subdolo. Una volta si curava solo l’ipotiroidismo franco. Oggi, il dosaggio degli ormoni e dei suoi anticorpi si fa quasi di routine. Questo consente di correggere anche piccole alterazioni funzionali per migliorare la qualità di vita e proteggere le donne dal rischio di iniziare una gravidanza in modo non ottimale.

Disturbi del sonno e aumento di peso sono spesso spie di una tiroide che non funziona. Ma non solo: anche crampi muscolari, labilità emotiva e intolleranza al freddo possono essere segnali da indagare.

Vediamo cosa cambia in menopausa. Gli estrogeni sono i principali regolatori della funzione tiroidea. Le irregolarità mestruali della premenopausa possono quindi rallentare la funzionalità di tiroidi al limite del compenso spontaneo. Inoltre, il calo estrogenico peggiora la malattia. Sintomi menopausali come vampate, insonnia, irritabilità, depressione, aumento di peso, calo della libido, secchezza vaginale e dolori osteoarticolari possono sovrapporsi al suo esordio confondendo le acque e rendendo più difficile la diagnosi. La Terapia Ormonale Sostitutiva (TSO o HRT) ha effetti positivi sulla funzione tiroidea.

E in gravidanza? L’American Thyroid Association ha di recente stilato le nuove linee guida su diagnosi e gestione delle patologie tiroidee in gravidanza e post-partum. Oggi sappiamo che una tiroide con TSH inferiore a 2.5 UI/L è nemica della fertilità perchè interferisce con ovulazione, impianto dell’embrione e successiva placentazione. La presenza di anticorpi tiroidei, da soli o in associazione a quelli delle malattie reumatiche, può essere causa di aborto ricorrente. La tiroide del feto non produce ormoni durante la vita intrauterina e per questo aumenta il fabbisogno anche in donne normotiroidee. Gli ormoni tiroidei materni influenzano lo sviluppo della placenta e una loro carenza, aumenta il rischio di ritardo di crescita fetale. Non meno importante è l’effetto sullo sviluppo del cervello fetale e del quoziente intellettivo finale. Gli integratori per la gravidanza, non a caso, contengono anche iodio; per l’OMS la dose quotidiana raccomandata è di 150 mcg, lo si trova nel pesce e nei crostacei e in dosi minori in verdura, frutta, latticini, uova e farinacei.

Anche nel post-partum la tiroide va controllata per distinguere le titoiditi tipiche di questo periodo dal baby blues, che insorge dopo pochi giorni dal parto con senso di tristezza ed ansia immotivata ma che, in genere, si risolve con l’avvio dell’allattamento al seno. La tiroidite vera e propria, invece, inizia dopo e si può sovrapporre alla depressione post-partum ed alla fatica emotiva di essere madre. Talvolta i sintomi della tiroidite sono preceduti da una breve fase di ipertiroidismo in cui la donna è agitata e insonne.

Dott.ssa Fiammetta Trallo, Medico Chirurgo Specialista in Ginecologia e Giornalista della Salute.

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