Il Piano Nazionale di Prevenzione 2014-2018 del tumore del collo dell’utero
La scoperta che il Papillomavirus (HPV) è l’agente eziologico del tumore del collo dell’utero è da attribuirsi ad Harald zur Hausen. Il ricercatore, Nobel per la Medicina nel 2008, ha dimostrato che i ceppi oncogeni dell’HPV possono trovarsi sul collo uterino allo stato latente e che la loro presenza può essere riconosciuta tramite l’HPV Test, il test genetico che consente di individuare le sequenze del DNA virale all’interno delle cellule colpite dall’infezione. I suoi studi hanno permesso, inoltre, di capire il modo con cui l’HPV scatena il tumore consentendo di mettere a punto anche i vaccini:
- bi-valente per i ceppi oncogeni 16/18;
- quadri-valente per i ceppi oncogeni 16/18 e per i ceppi 6/11 responsabili dei condilomi ano-genitali e della laringe;
- nove-valente per i ceppi oncogeni 16/18, 31, 33, 45, 52 e 58 e per i ceppi 6/11.
L’HPV è una famiglia di virus comprendente circa 120 differenti virus, suddivisa in gruppi ad alto, medio e basso rischio di progressione in cancro. I ceppi di HPV ad alto rischio (16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 59, 66, 68) se si integrano nelle cellule del collo uterino possono, in una prima fase, indurre delle displasie (lesioni pre-tumorali) che se non vengono diagnosticate e trattate possono evolvere in tumore vero e proprio nell’arco di una decina di anni.
Il carcinoma del collo dell’utero è il primo tumore riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come totalmente dipendente dall’infezione da HPV. Pertanto, nei Paesi in cui esistono campagne di screening organizzate si sta gradualmente assistendo al passaggio dal Pap Test all’HPV Test per le donne over 30-35 anni. Per le donne più giovani, di età compresa tra 25 e 29 anni, il test di screening resta il Pap Test che rimane il test più efficace per la prevenzione del carcinoma del collo dell’utero in questa fascia d’età.
Il razionale di questa differenziazione dipende dal fatto che, essendo l’HPV un’infezione a trasmissione sessuale, nelle fasce di età più giovani la prevalenza dell’infezione risulta maggiore ma le infezioni sono spesso transitorie e possono guarire spontaneamente. Studi scientifici hanno dimostrato che solo l’infezione che persiste nel tempo è condicio sine qua non per determinare l’insorgenza della malattia. Le donne più giovani possono esimersi dall’eseguire l’HPV Test in quanto a fronte di un maggior rischio di contrarre l’infezione da HPV sussiste una bassissima possibilità che questa diventi persistente.
Il Piano Nazionale di Prevenzione 2014-2018 prevede che entro il 2018 tutti i programmi di screening italiani per la prevenzione del carcinoma del collo dell’utero passino dal Pap Test all’HPV Test come test primario per le donne dai 30-35 anni, in modo progressivo e programmato. L’obiettivo dello screening con l’HPV Test è quello di individuare le infezioni persistenti dai tipi oncogeni.
Lo screening è a chiamata con ricevimento della lettera di invito.
- Le donne fra 25 e 29-34 anni continuano ad essere invitate a fare il Pap Test ogni 3 anni (alcuni programmi utilizzano l’HPV Test dai 30 anni altri dai 35 anni).
- Le donne di età compresa fra 30-35 e 64 anni sono invitate a fare l’HPV Test ogni 5 anni, qualora il risultato del Test precedente risulti negativo.
Passare dai 3 ai 5 anni di intervallo tra l’esecuzione di un nuovo HPV Test non comporta una minore sicurezza rispetto a fare un Pap Test ogni tre anni. L’HPV Test identifica con molto anticipo lo stato di rischio di una lesione rispetto a quanto avveniva con il Pap Test e quindi è possibile fare il test meno frequentemente. L’allungamento dell’intervallo di screening non è dovuto quindi a motivi di risparmio o tagli alla sanità ma è dovuto al fatto che l’HPV Test è un test più sensibile rispetto al Pap Test, che tuttavia continua a risultare utile nelle donne più giovani e come test complementare ai casi di HPV Test positivo (Pap Test di Triage).
Quando l’HPV Test è positivo, dallo stesso campione prelevato viene eseguito anche un Pap Test, detto Pap Test di Triage, per controllare se il virus HPV abbia già innescato o meno delle alterazioni cellululari.
Se il Pap Test di Triage risulta negativo, cioè non mostra alterazioni cellulari riconducibili ad alterazioni cellulari displasiche, la donna sarà invitata ad eseguire un nuovo HPV Test a distanza di un anno per verificare l’eventuale persistenza dell’infezione. Solo le donne che dopo un anno presentano ancora l’HPV Test positivo saranno invitate ad effettuare la Colposcopia.
Se il Pap Test di Triage presenta alterazioni cellulari, la donna viene invitata subito a fare la Colposcopia con eventuale biopsia.
Lo screening rileva se è presente almeno uno dei tipi oncogeni di HPV. Non importa conoscere il ceppo di HPV in quanto i controlli da fare in caso di HPV Test positivo sono sempre gli stessi e non sono condizionati dal tipo di HPV rilevato.
Dott.ssa Fiammetta Trallo
Medico Chirurgo Specialista in Ginecologia e Giornalista della Salute