Dr.ssa Antonella Gagliano, neuropsichiatra infantile, Dirigente medico unità ospedaliera complessa Policlinico di Messina
Il DSA (Disturbo Specifico dell’Apprendimento) e l’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione /Iperattività) fanno entrambi parte di una costellazione di problemi dell’età evolutiva definita “disturbi del neurosviluppo”. Questo gruppo di disturbi, del quale fanno parte anche i problemi del linguaggio, i disturbi dello spettro autistico e la disabilità cognitiva, si chiama così perché raccoglie al suo interno disturbi che derivano da atipie funzionali del sistema nervoso causate da problemi occorsi nelle prime fasi dello sviluppo dell’individuo (gestazione e primissimi anni di vita).
Questi disturbi, oltre a condividere determinanti genetiche ed epigenetiche, sono accomunati dal fatto che si palesano tutti con difficoltà di apprendimento e/o di comportamento, già evidenti in età pre-scolare, ma più chiaramente espressi in età scolare.
In tutti questi disturbi ritroviamo, ad esempio, una difficoltà di attenzione, anche se in forme e livelli differenti, ovvero un deficit della “memoria di lavoro”, cioè di quella funzione, fondamentale per molti processi cognitivi, che consente di trattenere informazioni per qualche istante nella memoria e di analizzare le informazioni necessarie a prendere decisioni corrette.
Più in generale, i disturbi del neurosviluppo si associano ad un deficit delle “Funzioni Esecutive” cioè di quelle funzioni corticali superiori che ci consentono di elaborare un preciso piano d’azione in ogni attività della nostra giornata, ma anche di essere flessibili e di modificare il piano se le condizioni ambientali cambiano.
Questa classe di disturbi è accomunata proprio dalla compromissione di una o più delle funzioni cognitive necessarie all’analisi delle situazioni problematiche che quotidianamente affrontiamo e all’individuazione della migliore strategia per risolverle (problem solving). Ecco perché il comportamento dei bambini e dei ragazzi con disturbi del neurosviluppo è spesso poco adeguato o inefficace rispetto alle richieste dell’ambiente.
Tutti i disturbi del neurosviluppo poggiano su determinanti multiple, alcune delle quali geneticamente determinate o interne all’individuo, altre legate a fattori esterni ambientali in grado di influenzare l’insorgere di tali condizioni, quali ad esempio la nascita pre-termine o il consumo di alcool in gravidanza. Ad ogni buon conto, la “genesi” dei disturbi del neurosviluppo è riconducibile ad una distorsione molto precoce del programma di sviluppo del sistema nervoso e ad un suo funzionamento subottimale nelle epoche successive della vita.
Negli ultimi anni, la comunità scientifica ha cominciato a studiare in modo più accurato le determinanti di tipo epigenetico, cioè di quei meccanismi molecolari mediante i quali l’ambiente modifica l’attività dei geni senza modificarne l’informazione contenuta, ossia senza cambiare le sequenze del DNA.
Le modificazioni epigenetiche, infatti, possono essere considerate il modo con cui l’ambiente esterno (es. alimentazione, sostanze chimiche, tipo di attività svolta, stress cronico, etc) interagisce con l’ambiente interno (genoma) modificandone l’espressività.
Secondo alcuni studiosi, alla base dell’aumento della prevalenza dei disturbi neuropsichiatrici in età evolutiva (attualmente stimata intorno al 15-20 % della popolazione tra 0 e 17 anni) ci sarebbero proprio ragioni epigenetiche (es. sostanze inquinanti ambientali). Secondo altri studiosi, invece, l’aumento dei casi di bambini con disturbi del neurosviluppo sarebbe legato ad una maggiore sensibilità diagnostica delle agenzie sanitarie ed educative oltre che ad una più elevata attenzione dell’opinione pubblica nei confronti dei comportamenti atipici e disfunzionali di bambini e ragazzi. C’è anche chi suppone che l’incremento di tali problematiche sia in parte riconducibile alla ridondanza di stimoli ai quali quotidianamente, e fin dalla più tenera età, i bambini vengono sottoposti ed alle richieste sempre più complesse da parte dell’ambiente, che mettono precocemente in luce eventuali deficit. Infine, c’è chi annovera fattori socio-familiari, come la modifica del ruolo genitoriale e della struttura familiare o la riduzione delle attività sociali, come elementi di aggravamento di tali disturbi.
Verosimilmente ognuno di questi fattori ha contribuito, e contribuisce, all’aumento del numero di bambini e ragazzi che presentano problemi comportamentali, di apprendimento e di interazione sociale.