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I disturbi del neurosviluppo: come emergono e come vanno trattati?

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Scritto da Capitale Salute

Dr.ssa Antonella Gagliano, neuropsichiatra infantile, Dirigente medico unità ospedaliera complessa Policlinico di Messina

Per alcuni disturbi del neurosviluppo, come ADHD e DSA, le difficoltà di solito emergono in modo più netto durante l’iter scolastico.

Già durante la scuola primaria, vengono chiamate in causa specifiche abilità e competenze necessarie per imparare a leggere, far di conto, esprimersi correttamente, socializzare con i pari, rispettare le regole, etc. I bambini con problemi del neurosviluppo possono evidenziare difficoltà in tali abilità e spesso non riescono a rispondere adeguatamente alle richieste di scuola e società.

In ogni caso, forse mai come in questo momento storico, è sorta la necessità di confrontarsi con il disagio psicologico e i disturbi neuropsichiatrici dei bambini e dei ragazzi. È pertanto urgente e necessario individuare modelli di intervento sempre più efficaci per ridurre l’impatto che queste problematiche hanno sull’evoluzione dei singoli individui, ma anche sul benessere della loro famiglia e dell’intera società.

Fornire loro un adeguato supporto significa metterli nelle condizioni di ripristinare l’equilibrio tra le potenzialità e le aspettative sociali, evitando che si accumulino ritardi evolutivi e che la sofferenza scolpisca negativamente la loro personalità.

Il rischio, infatti, è che condizioni come l’ADHD e il DSA si trasformino, nel tempo e se non adeguatamente gestite, in problemi di personalità o in disturbi molto gravi come il “disturbo di condotta”, una modalità “deviante” e “antisociale” di rapportarsi agli altri, che danneggia seriamente la vita degli interessati e può ritorcersi sulla collettività.

Sul fronte delle terapie c’è però ancora molta strada da fare.

Trattamenti efficaci, soprattutto quando la diagnosi viene effettuata entro la fase della scuola primaria, sono quelli PSICOEDUCATIVI, che coinvolgono in “rete” i piccoli pazienti, la famiglia, la scuola e gli operatori sanitari. Ma sono protocolli di intervento molto costosi e in gran parte non erogati dal SSN. Interventi come il parent training, la terapia cognitivo-comportamentale in gruppo, il tutoraggio specializzato per l’apprendimento scolastico, il training per le abilità sociali e il controllo autoregolativo, soprattutto se applicati contemporaneamente, sono in grado di ridurre in modo consistente l’impatto di queste condizioni disfunzionali. Per la gran parte dei bambini, tuttavia, tali trattamenti non sono disponibili nelle strutture pubbliche e, quando si riesce ad attuarli, l’onere economico ricade interamente sulla famiglia.

Nell’ADHD, soprattutto nei casi più gravi, si può ricorrere al trattamento psicofarmacologico con metilfenidato o atomoxetina che, agendo sui neurotrasmettitori cerebrali (dopamina e noradrenalina) e ripristinandone l’equilibrio, risultano estremamente efficaci nel ridurre i sintomi del disturbo. Si tratta di farmaci sicuri oltre che efficaci e il loro impiego in età evolutiva per il trattamento dell’ADHD è stato ampiamente validato da numerosissimi studi clinici. Lo scopo della terapia farmacologica è soprattutto quello di facilitare nei bambini e nei ragazzi con ADHD il raggiungimento di schemi di funzionamento efficaci che, una volta appresi, possono essere autonomamente scelti e preferiti a quelli disfunzionali, anche quando il farmaco non viene più assunto.

Da valutare con interesse, e da usare eventualmente anche in combinazione con i farmaci, è la supplementazione della dieta con acidi grassi essenziali (Omega-3: EPA e DHA e Omega-6: GLA). Questi acidi grassi si definiscono essenziali perchè non possono essere sintetizzati dall’organismo ed è necessario assumerli attraverso l’alimentazione. Le principali fonti dietetiche di DHA ed EPA sono i pesci grassi e l’olio di pesce.

Per capire perché vengono considerati importanti occorre sapere che il 35% del nostro cervello è costituito da fosfolipidi contenenti proprio acidi grassi polinsaturi e che, in particolare, ne sono ricche le membrane dei neuroni, la cui integrità è necessaria per garantire una corretta trasmissione degli impulsi nervosi. Una combinazione di EPA, DHA e GLA in uno specifico rapporto (9 EPA: 3 DHA: 1 GLA) si è dimostrata utile nel ridurre le difficoltà di apprendimento.

In particolare, la supplementazione risulta utile in individui che presentano una carenza di acidi grassi essenziali, dal momento che questi ultimi potrebbero essere carenti proprio dove ce n’è maggiore bisogno – per esempio nella corteccia frontale deputata al controllo delle funzioni esecutive.

Molti studi circa l’efficacia della supplementazione con acidi grassi su soggetti con disturbi del neurosviluppo riporta risultati incoraggianti. A partire da uno studio statunitense del 2005 di Richardson e Montgomery – pubblicato sulla rivista “Pediatrics”- che ha evidenziato progressi in alcune abilità scolastiche e soprattutto nella scrittura, fino a giungere ad uno studio europeo  del 2016 (Mats et al, JCPP, 2016) che ha rilevato, in bambini di 9 anni di età, significativi miglioramenti nell’attenzione e nelle abilità scolastiche. Inoltre, una recente metanalisi, uno studio cioè che riassume i risultati di più studi clinici, pubblicata sulla rivista Neuropsychiatric Disease and Treatment (Konigs & Killiaan, 2016), ha evidenziato che la combinazione di acidi grassi essenziali ideale è 9 EPA: 3 DHA: 1 GLA; inoltre che la supplementazione della dieta con tali elementi può risultare efficace tanto in soggetti con ADHD di grado lieve che in soggetti con ADHD moderato e severo, già in terapia con metilfenidato, perchè potenzia gli effetti di quest’ultimo e riduce il rischio di effetti indesiderati.

L’integrazione della dieta con Omega-3 e Omega-6 può risultare pertanto utile sia a migliorare la risposta al trattamento farmacologico sia a ridurne le dosi necessarie a ottenere l’efficacia, migliorando così la compliance al trattamento.

L’auspicio è di progredire nella conoscenza di metodi e interventi dotati di un ottimale rapporto costo-beneficio volti a ridurre la sofferenza e i rischi legati ai disturbi del neurosviluppo.

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