Salute

La miglior terapia per il tumore al seno è la diagnosi ultraprecoce

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Scritto da Fiammetta Trallo

Per realizzarla serve, in primis, aderenza piena delle donne agli screening organizzati, oltre che la indispensabile autopalpazione che non sempre viene fatta con doverosa regolarità, nonché la possibilità di affinare la tecnologia con macchinari che possano riconoscere tumori millimetrici anche in seni molto grossi e densi. Situazioni, queste, più presenti in donne dai 40 ai 50 anni più soggette quindi a falsi negativi e ritardi diagnostici se screenate con la mammografia digitale tradizionale.

Un probema che può essere superato dalla mammografia con tomosintesi 3D. Questo innovativo esame combina immagini convenzionali, acquisite a due dimensioni, con immagini tridimensionali multistrato rilevate da un’apparecchiatura – la tomosintesi – che non rimane statica ma ruota intorno al seno. L’immagine della mammella viene stratificata e il seno viene scomposto in tante sezioni o piani dello spessore di un millimetro. Il vantaggio è poter osservare e valutare ogni strato del tessuto, anche quelli più profondi e quelli all’interno degli addensamenti ghiandolari che sono i più difficili da esaminare.

Il valore aggiunto di questa tecnica, che scova il tumore mammario ai suoi albori, è stato messo nero su bianco dal The Journal of the American Medical Association che ha pubblicato un ampio studio della University of Pennsylvania’s Perelman School of Medicine condotto su oltre 500.000 donne di 13 centri USA: 50% sottoposte a screening del seno solo con mammografia digitale e 50% con tomosintesi. Dallo studio emerge che l’integrazione con tomosintesi 3D ha un’efficacia maggiore nel diagnosticare microscopiche lesioni al seno, rispetto alla mammografia digitale tradizionale.

L’esame dura qualche minuto in più ed è meglio tollerato poichè la compressione necessaria per ottenere le immagini è inferiore. Nonostante la dose di radiazioni sia lievemente superiore  (da 1,1 a 1,5 volte, a seconda dello strumento usato), allo stato attuale e con le nuove generazioni di tomosintesi  non esiste neanche un ipotetico rischio di radiazioni, perché il mammografo acquisisce direttamente gli strati (3D) e li ricostruisce con un algoritmo matematico.

«Il vero limite della tomosintesi – spiega il Dr. Pierfranco Mainoldi – è che il riconoscimento delle millimetriche lesioni distorsive profonde solo con questa metodica, non evidenziate quindi anche dalla mammografia digitale, richiede per la conferma diagnostica l’esecuzione di una “biopsia stereotassica vacuum assisted solo sotto guida in tomosintesi” che al momento si esegue solo in pochissimi centri». Pertanto il mammotone ora utilizzato per le biopsie escissionali dei piccoli noduli non riesce a completare l’iter diagnostico.

Mainoldi, nell’autunno del 2015 all’Ospedale Bellaria di Bologna, è  stato il primo radiologo al mondo ad eseguire una biopsia stereotassica con l’ausilio della tomosintesi. In molti centri italiani  (Milano, Genova, Bologna, etc.), la tomosintesi viene impiegata solo come indagine di secondo livello, tranne in Trentino, dove invece viene già utilizzata nel programma di screeneng regionale.

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