I consigli dell'esperto

Problemi cardiovascolari, in Italia occorre migliorare prevenzione e riabilitazione

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Scritto da Capitale Salute

Dr. Roberto F. Pedretti, Cardiologo.

Tutti ci preoccupiamo dei problemi cardiovascolari acuti, ma pochi si preoccupano del “prima” (prevenzione) e del “dopo” (riabilitazione).

«Eppure – sottolinea il professor Roberto F. E. Pedretti, presidente della Società Italiana di Prevenzione, Riabilitazione ed Epidemiologia Cardiovascolare GICR-IACPR e Direttore del Dipartimento di Cardiologia Riabilitativa, Istituti Clinici Scientifici Maugeri, IRCCS, Pavia in occasione del Congresso Nazionale di Genova – il non avviare un paziente cardiopatico dopo un evento acuto ad un programma di cardiologia preventiva e riabilitativa (CPR) equivale ad un “sottotrattamento”, esporlo cioè ad un rischio di morte e riospedalizzazione aumentato sino al 30-40%».

L’ultimo censimento della cardiologia riabilitativa (sur-vey ISIDE.13 del 2013) condotta da GICR-IACPR rilevava in Italia la presenza di 221 strutture dedicate alla cardiologia preventiva e riabilitativa (CPR), in media 1 struttura ogni 270 mila abitanti, distribuite però in maniera non uniforme sul territorio nazionale.

L’offerta era prevalentemente in regime di degenza, anche con alta complessità organizzativa (l’11% dei posti letto aveva un’organizzazione di tipo “sub-intensiva”).

«Per incrementare il numero di pazienti trattati – afferma il professor Pedretti – sarà senza dubbio necessario incrementare le strutture di CPR, dedicando magari strutture già esistenti ad attività di CPR, sia degenziale sia ambulatoriale. Il non disporre di spazi di CPR in alcune aree del Paese può inevitabilmente condizionare una minor efficienza nell’uso dei posti letto per acuti. La disponibilità di un programma di CPR “degenziale”, a valle di un ricovero acuto di pazienti con un infarto miocardico o un episodio di scompenso cardiaco a rischio elevato, analogamente a quanto accade per un intervento cardiochirurgico, infatti, è in grado di ridurre la durata della degenza ordinaria acuta, assorbendo i pazienti più gravi e/o complessi, migliorando quindi l’efficienza di utilizzo dei posti letto per acuti, rendendoli meglio disponibili alle esigenze del sistema di emergenza-urgenza».

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