Prof. Giampiero Campanelli, medico chirurgo, www.ernia.net
L’ernia inguinale è la patologia in assoluto più operata da tutti i chirurghi, anche quelli non esperti: oggi in Italia vengono eseguiti oltre 200.000 interventi d’ernia ogni anno, molti dei quali in Day Surgery, cioè con dimissioni entro le 24 ore, ma il dolore cronico post-operatorio riguarda addirittura il 30% dei pazienti operati. Quello d’ernia viene considerato, nella maggior parte dei casi, un intervento semplice, che comporta pochi rischi, ma a quanto pare non sempre le cose vanno come dovrebbero andare per il paziente che, in un terzo dei casi, si ritrova a dover gestire un nuovo dolore, e per di più cronico.
Quando si tratta di dolore post-operatorio l’unica soluzione è re-intervenire chirurgicamente per capire la causa del dolore; ma ciò significa comunque sottoporre nuovamente il paziente ad un intervento chirurgico. Al di là di errori e incompetenze imputabili al chirurgo, a volte la non perfetta aderenza delle reti o il loro spostamento e/o malassorbimento può causare problemi e dolore. Anche le nuove reti, in materiale sintetico, protesi usate per far rientrare l’ernia all’interno della parete addominale, benché migliori dei tradizionali punti di sutura nel rinforzare la parete, possono dare problemi, irritando le terminazioni nervose e aumentando il rischio di infezioni.
Ma perché si presenta e come è possibile prevenire questo tipo di complicanze? L’unica chance per minimizzare il rischio è quella di affidarsi alla competenza di un chirurgo super-specializzato proprio in interventi d’ernia, per evitare quanto più possibile di dover re-intervenire chirurgicamente. «Il chirurgo esperto, oltre ad avere una casistica di interventi decisamente più ampia rispetto al chirurgo generale, e dunque maggiore esperienza e capacità, è in grado di selezionare in modo personalizzato a seconda del paziente i presidi da utilizzare, le tipologie d’intervento e di assistenza pre e post-operatoria. Poter scegliere protesi (le reti) e modalità di intervento ad hoc per ciascun paziente; minimizzare i rischi e le complicanze è fondamentale», spiega il prof. Campanelli, direttore dell’unità di Day e Week Surgery dell’Istituto Clinico Sant’Ambrogio di Milano e Direttore dell’Hernia Center di Milano del Gruppo San Donato. «Infatti, esistono oggi molti tipi di reti e di intervento che, a seconda delle caratteristiche fisiche del paziente e dell’anatomia chirurgica e a seconda del tipo di ernia, può essere condotto in laparoscopia o a cielo aperto, con anestesia locale o generale, con tecnica di sutura standard o “suture-less” grazie alla tecnica, oggi d’elezione, con “colla di fibrina”».
Diverse dunque le variabili da considerare e che possono fare la differenza tra un intervento ben riuscito e un doloroso iter di complicanze e nuovi interventi. «In linea generale – continua Campanelli, che ha al suo attivo oltre 8.000 interventi d’ernia addominale ed inguinale, con un tasso di recidiva inferiore all’1% e indice di complicanze minore del 3% – la tecnica mininvasiva open, essendo meno invasiva e non richiedendo l’anestesia generale, ha maggiori probabilità di successo, difficilmente va incontro a complicanze, e l’anestesia locale, permette al paziente, vigile, di interagire col chirurgo. Il perfetto isolamento dei nervi della regione, poi, è senz’altro una condizione per prevenire il dolore post-operatorio, ma rientra nella sfera delle abilità del chirurgo e così pure la capacità di capire quali tipi di scelte fare per ciascun paziente per garantire a tutti la miglior “Tailored Surgery” possibile, in base alle tecniche e ai presidi disponibili.
Un criterio sul quale non possiamo abbassare la guardia, persino in tempi di Spending Review, è la qualità dei presidi e degli standard di sicurezza d’intervento, ne va della salute di ciascuno. Senza contare che dover re-intervenire su un paziente già operato è sempre più complicato che operare una prima volta e richiede attenzioni, competenza e cura ancora maggiori da parte del chirurgo e della sua equipe per minimizzare i rischi legati all’intervento, primo fra tutti proprio il dolore cronico post-operatorio. Infine, il re-intervento per nevralgia cronica post-operatoria è un evento molto complicato che va affrontato da chirurghi estremamente esperti in tale settore. Quindi, anche in questo caso…meglio prevenire, per evitare sgradevoli sorprese».
Ottimo articolo, s’è possibile sapere come controllare ormai dopo sei mesi se la rete non si sia spostata. Grazie
Gent. Giuseppe, la ringraziamo per l’attenzione. Purtroppo non siamo in grado di dare una risposta alla sua domanda; le consigliamo di confrontarsi con il suo medico specialista.
Cordiali saluti.