Dr. Flavio Castellano
Medico Chirurgo, Specialista in Otorinolaringoiatria, Docente AIMF, Associazione Italiana di Medicina Funzionale
Nel nostro organismo, gli enzimi con azione antinfiammatoria sono numerosissimi e consentono al sistema metabolico di funzionare ininterrottamente ed in una condizione di equilibrio. Senza una corretta attività dei sistemi enzimatici non potremmo vivere.
Gli enzimi noti sono circa 3.000 ed innescano delicatissimi processi biochimici.
Ogni enzima adempie ad un compito preciso e funziona secondo le proprie personali “condizioni di lavoro” ottimali (ad esempio, temperatura ottimale e adeguato grado di acidità dell’ambiente circostante).
Molti altri enzimi rivestono, invece, un ruolo di “motore ausiliario” fungendo cioè da co-enzimi.
Già nell’antichità, circa 2000 anni fa, si curavano le ferite utilizzando misture di bucce di fichi e si sfruttavano gli effetti curativi degli enzimi utilizzando il gambo di ananas e papaia, utili oltre che per le ferite anche per promuovere la digestione.
Sempre nell’antichità si utilizzava una sorta di miscellanea enzimatica, mescolando estratti di frutti con frammenti di pancreas di animali, per trattare le infiammazioni acute e croniche.
Oggi sappiamo che l’organismo reagisce in maniera identica a una ferita o a un’infezione, instaurando una reazione infiammatoria, che rappresenta quella fase fisiologica e necessaria per ultimare un processo di drenaggio di cataboliti, di riparazione e ripristino della funzione di un tessuto o di un organo. Tuttavia, è davvero importante che il processo infiammatorio abbia una vera e propria conclusione, altrimenti sussiste il pericolo costante di una sua procrastinazione. Gli enzimi in questo processo svolgono un ruolo fondamentale, regolando e accelerando il decorso dell’infiammazione, attraverso una funzione cosiddetta “adiuvante”, mirata alla degradazione di quei prodotti catabolici generati nella fase iniziale, aiutando quindi a prevenire una cronicizzazione dell’evento flogistico.
La terapia enzimatica, è risaputo, è d’aiuto per combattere qualsiasi genere di infiammazione, infatti, per la sua azione causale, possiede un effetto antiedemigeno e un discreto effetto antidolorifico.
Una terapia enzimatica, attraverso l’utilizzo di sostanze come la Bromelina e la Papaina, proprio per la sua azione aspecifica di riequilibrio citochinico tra braccio linfocitario Th1 e Th2, con riduzione dei mediatori TNF-α, IL-1, Il-6, IL-8, IL-11, IFN-γ in qualunque ambito cellulare trova il proprio razionale d’azione, anche per lunghi cicli terapeutici.
Queste sostanze sono di grande efficacia, per un quotidiano utilizzo, nelle artrosi croniche, nelle artriti subacute, nel morbo di Crohn, nelle emorroidi, nelle coliti croniche, nelle disbiosi intestinali, nelle infezioni delle vie respiratorie (bronchiti), nelle rinosinusiti (per il noto effetto proteolitico), nella sindrome metabolica, nella terapia delle endometriosi, nella prostatite cronica, nella sindrome fibromialgica, nella mastopatia fibrocistica, nei trattamenti degli edemi post-chirurgici e per accelerare i processi di recupero funzionale post-traumatici.
Ci sono indicazioni importanti anche per quanto riguarda le afte labiali ricorrenti. Soprattutto nelle malattie reumatiche, come, ad esempio, nella poliartrite cronica e nelle borsiti, gli enzimi possono contribuire a un miglioramento dei disturbi. La rigidità delle articolazioni migliora in molti casi, con decremento dei sintomi tipici dell’infiammazione, come arrossamento e gonfiore.
L’azione della terapia enzimatica, però, non si esplica così rapidamente come quella dei farmaci antinfiammatori, ma è indubbio il vantaggio nel lungo termine per la sua predisposizione biologica a una completa “ripulitura” funzionale con potenziale restitutio ad integrum di quel tessuto implicato nel processo infiammatorio, contribuendo inoltre a ridurre la possibilità di recidive locali, cosa invece sempre possibile dopo l’utilizzo di terapie con FANS o farmaci a base steroidea.
Utile, se non indispensabile, risulta nella fase infiammatoria un concomitante intervento funzionale multifattoriale per:
- attivare un drenaggio linfatico, anche associato a rimedi chelanti di metalli pesanti, utile allo smaltimento di scorie e tossine e riduzione dell’edema;
- regolare l’equilibrio acido-base, ovvero alcalinizzare il tessuto connettivo, al fine di drenare l’eccesso di acidi nella matrice attraverso l’utilizzo di bicarbonati (non citrati).
Occorre, inoltre, sostenere una corretta funzionalità degli organi emuntori, in primis fegato e reni, con:
- assunzione di elementi strutturali, aminoacidi e vitamine, per riparare i tessuti in costante infiammazione;
- idratazione adeguata;
- eventuale trattamento mirato al ripristino o al sostegno di uno stato di eubiosi intestinale, poiché l’intestino viene considerato il “serbatoio” di infiammazione cronica generale dell’organismo.
Si rileva particolarmente utile, se assunto in maniera corretta e continuativa, per la durata di almeno due mesi, un trattamento di tipo enzimatico con prodotti a base di Papaina, Nattochinasi, Curcuma, Mirra e Bromelina, che esplicano un’azione specifica verso un difetto/eccesso nelle fasi di recupero trofico e morfologico di questo stato di sistemico inflammaging, rimuovendo i cataboliti proteici in eccesso/accumulo.
La Curcuma rappresenta un valido presidio terapeutico biologico per contrastare gli stati di infiammazione cronica in generale. È uno dei più studiati fitoterapici al mondo, studi sperimentali ne validano l’attività nell’inibire i mediatori della flogosi, le citochine infiammatorie IL-1, IL-2, TNF- α, regolando l’attività dei fattori infiammatori ciclossigenasi-2 (Cox-2), lipossigenasi e della sintesi di ossido nitrico, ottenendo a livello ematico la riduzione della Proteina C-reattiva, considerata marker sensibile degli stati infiammatori.
La Curcuma viene assorbita a livello degli enterociti intestinali. Una formulazione farmacologica fitosomiale (Fosfatidilcolina+Curcuma) ne incrementa la biodisponibilità di 50 volte per maggior assorbimento a livello degli enterociti della mucosa intestinale.
Nell’olio essenziale di Mirra sono riscontrabili azioni farmacologiche analgesiche, antinfiammatorie e antimicrobiche.
La sua peculiare azione analgesica è da attribuirsi ai sesquiterpeni in grado di attivare i recettori oppioidi.
In presenza di un fenomeno infiammatorio patologico, attraverso l’insufficiente regolazione di citochine ad azione opposta, le due fasi di infiammazione acuta e cronica coesistono, l’infiammazione viene auto-alimentata senza soluzione di continuità e non raggiungerà mai la sua risoluzione, determinando nel tempo un danno tissutale. La risposta finale in fibrosi va dunque considerata come l’esito finale di un esasperato tentativo adattativo che, riproposto per un periodo prolungato, di mesi o anni, esita in deformazioni cicatriziali.
Per questa particolare fase infiammatoria è stata di recente evidenziata l’azione fibrinolitica di una particolare sostanza enzimatica, la Nattochinasi, che prende il nome dall’alimento giapponese “Natto”, semi di soia bolliti e fermentati dal Bacillo subtilis natto, alimento millenario in Giappone.
Questo enzima può degradare la fibrina che si forma durante la fase avanzata dei processi infiammatori e che si deposita alla periferia del sito sede di infiammazione, sopprimendo la circolazione nutritiva nell’area soggetta a infiammazione.
In conclusione, è oggi importante avere consapevolezza che gli stati infiammatori sia acuti, ma soprattutto cronici, rappresentano la maggioranza delle patologie di quotidiano approccio clinico, sia per il medico sia per il farmacista.
Un approccio funzionale con l’utilizzo, quando possibile, di rimedi di accompagnamento dell’infiammazione, e non di blocco, costituisce il miglior auspicio per un futuro, non lontano, della medicina moderna.