La pandemia in atto è dovuta al Sars-CoV-2, un nuovo virus che ha come bersaglio principale le vie respiratorie superiori e come complicanza l’interessamento polmonare. Poiché le altre infezioni note, che colpiscono l’apparato respiratorio, iniziano a circolare in autunno, raggiungono il picco dei contagi in inverno, calano in primavera e scompaiono in estate, è lecito supporre, e soprattutto sperare, che anche il Covid-19, con l’arrivo dell’estate nell’emisfero settentrionale, abbia un andamento simile.
Uno studio cinese, pubblicato dall’European Respiratory Journal, ha illustrato come l’infezione da Covid-19 diventi più grave se un territorio è impreparato alla sua diffusione. La contagiosità aumenta se i medici non sono tempestivi a riconoscere la nuova minaccia o se il sistema sanitario è sovraccarico. Nella provincia di Hubei, dove si trova la città di Wuhan, epicentro della pandemia, il tasso di casi gravi è stato il 19,2%; mentre fuori della provincia è stato l’11,0%. I tassi di mortalità sono stati del 3,48% a Hubei e dello 0,22% altrove, secondo i dati raccolti fino al 31 gennaio.
Secondo il team di ricercatori, di Wen-hau Liangdella Guangzhou Medicine University, i casi più gravi e le relative morti maggiori nella provincia di Hubei potrebbero essere attribuiti al tempo passato tra l’insorgenza dei sintomi e l’ospedalizzazione nell’area epicentro dell’epidemia. Dopo il picco di casi, nel mese di gennaio, gli ospedali della provincia di Hubei sono stati pesantemente sovraccaricati dovendo gestire, quindi, un aumento enorme del numero di pazienti. Questa situazione ha probabilmente portato a un ritardo nella diagnosi e nel trattamento dei pazienti, che ha ulteriormente contribuito al peggioramento dello stato generale al momento del ricovero, determinando un aumentodel rischio di morte.
Il team di Liang ritiene che questi risultati indichino che la carenza temporanea della capacità sanitaria nell’epicentro dell’epidemia sia stata verosimilmente la causa del maggior numero di casi gravi o decessi nella provincia di Hubei.
Questo studio evidenzia la necessità di sostegno urgente e vigoroso delle risorse sanitarie e maggiore consapevolezza delle strutture sanitarie, socio-assistenziali e politiche durante le prime fasi di un focolaio di Covid-19 o malattie simili.
Infine, l’European Respiratory Journal ha pubblicato un terzo studio, a firma di Janice Leung del Center for Heart Lung Innovation dell’Università della British Columbia, nel quale si evidenzia come i polmoni dei fumatori e delle persone con malattia polmonare ostruttiva cronica (Bpco) siano più a rischio di avere sintomi gravi da Coronavirus a causa degli alti livelli di un enzima che li rende più vulnerabili all’infezione. Si tratta dell’enzima Ace-2, una sorta di porta d’ingresso che il Covid-19 usa per entrare nelle cellule che rivestono il polmone. I risultati, in parte, possono spiegare l’aumento di casi gravi in queste popolazioni e evidenziano l’importanza della cessazione del fumo e una maggiore sorveglianza di questi sottogruppi a rischio per la prevenzione e diagnosi precoce di questa infezione.
Una recente ricerca dell’Università di Catania, su dati Istat, Istituto Superiore della Sanità e altre agenzie europee, ha evidenziato come inquinamento atmosferico da Pm10, temperatura invernale, mobilità, densità e anzianità della popolazione, densità di strutture ospedaliere e densità abitativa siano le forti correlazioni fra l’impatto della pandemia da Covid-19 in Italia e la sua diversa diffusione nelle regioni del nostro Paese. La ricerca “Strategies to mitigate the Covid-19 pandemic risk” conclude che “il nostro indice di rischio epidemico mostra forti correlazioni con i dati ufficiali disponibili dell’epidemia Covid-19 in Italia e spiega perché regioni come Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto stiano soffrendo molto di più rispetto al centro-sud. In effetti, queste sono le stesse regioni che, solitamente, subiscono il maggiore impatto, in termini di casi gravi e decessi, anche per le influenze stagionali, come rivelano i dati dell’Iss. I ricercatori sostengono, quindi, che non a caso la pandemia di Covid-19 si sia diffusa più rapidamente proprio nelle regioni con un più alto rischio epidemico come Lombardia, Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto“. Sempre secondo questo studio “in Italia, a causa di una fortissima percentuale di asintomatici o sintomatici lievi” ci possono essere al momento da uno a dieci milioni di persone che sono venute in contatto col virus”, sostiene inoltre che un “impatto positivo è venuto dal lockdown”. Per i ricercatori, inoltre, i dati “lasciano ben sperareper il centro-sud, dove molto probabilmente l’impatto di questa pandemia, e di possibili altre ondate future, sarà sempre più lieve in termini di casi gravi e decessi a causa del minor rischio epidemico legato ai fattori strutturali riscontrati”.
Fonte: REDAZIONE DOTTNET, AGENZIA DIRE
Dott.ssa Fiammetta Trallo, Medico Chirurgo specialista in Ginecologia e Ostetricia – Giornalista